Città Migrande
Chi: viaggi solidali
Le donne fanno da guida nelle città dei migranti
Ragazzi e ragazze, uomini e donne provenienti da Romania, Perù, Marocco, Cina, Colombia, Senegal, Sri Lanka e Tunisia che hanno avuto l’occasione di conoscere meglio la storia del territorio in cui vivono e di divenire protagonisti “in positivo” della propria cultura, potendola raccontare ai concittadini, ai turisti e alle numerose classi scolastiche
Ma perché parliamo di donne? Una mediatrice culturale è più di un interprete e di una guida. E sono proprio le donne le più brave ad avvicinare i turisti, italiani e stranieri, ai quartieri dove le culture si mescolano, nelle nostre città. Come racconta Mirela, mediatrice per i medici dell’associazione Camminare Insieme, oltre che guida per la Città Migranda: "Da una parte, con i colleghi arabi, nigeriani, albanesi, peruviani, devo fare da ponte e spiegare come curarsi a rumeni, rom, moldavi. Dall’altra la soddisfazione arriva quando si spiega il senso delle nostre passeggiate e si portano adulti e ragazzi delle scuole a uscire dagli stereotipi e scoprire cosa c’è dietro l’angolo".
Cosa vedere a Torino? Segreti doc dove la “fusion” non è tendenza ma cultura vera. Dalle mura romane alla Drogheria Rinaldi che dal 1890 ha prodotti coloniali rarissimi. Dal mercato del pesce dove sembra di essere nel sud Italia, a Porta Palazzo dove si scoprono frutta, farine e bibite sudamericane. Dalla macelleria rumena dove si assaggia anche il dolce Cozonad, ai negozi cinesi con il tè alla menta per i clienti nigeriani e senegalesi. Dal Centro Italo-Arabo con l’hammam, ai dolci della pasticceria marocchina, all’Agenzia The Gate di Porta Palazzo.Chi sono le ragazze che hanno fatto il corso per diventare “accompagnatori di viaggi responsabili” a Torino? Sono migranti di prima e seconda generazione, che traducono per noi le culture altre presenti sul territorio. Come Icir, senegalese, che sta seguendo un dottorato in antropologia a Siena e ha sempre vissuto a San Salvario: "Uno dei simboli dell’intreccio culturale che colora e caratterizza la mia esistenza: mi piace questa città che spesso mi riporta con la mente in Africa nei luoghi dove ho trascorso la mia infanzia. I mercati, le botteghe, i negozi multietnici sono per me fonte di allegria e di energia che mi incoraggiano ad affrontare le difficoltà della vita quotidiana e ad apprezzare l’ibridazione che sempre più caratterizza il mondo intero". O Essediya che ha fatto la scuola alberghiera in Marocco ed è una bravissima cuoca, come Najat. O Nuvia e Adriana che studiano economia e diritto e portano i turisti a comprare la farina di mais per le empanadas. O Martha che viene dal Perù e ha fondato un centro multiculturale a Torino, e Rosina, che trova a San Salvario un angolo del Perù materno. Poi ci sono Monica, Nadia e Milena, che trovano al mercato le erbe delle loro pietanze rumene. E ci sono Feng Mei Chu, Rui Wang, Qiu Yuan, Juan-Chi, universitarie toste che raccontano Porta Palazzo come “il mercato che sa raccontare molte cose, dove c’è un pezzo di casa con amici, parenti, amici di parenti, negozi che sanno offrire cibi e cose familiari, ma allo stesso tempo un mercato del mondo”. E infine ci sono le italiane Alessandra, Roberta e Paola, cittadine torinesi ma di origine "migrante", che conoscono a menadito i locali della movida, ristoranti etnici e negozi in cui comprare menta, carne halal, pasta sfoglia dei burek, gli agrumi siciliani o le banane sud-americane.